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domenica 21 settembre 2008

8 - Pollo-party!

Apro al suono del campanello, tolgo il gancio anti-bazuka-dei-noti-vendiscope alla porta ed eccola lì: Paola è decisamente cambiata. In un decimo di secondo noto che ha tolto gli occhiali, i capelli sono più lunghi e più curati, con una bella piega ondulata tenuta viva con la schiuma modellante; il trucco è discreto e naturale, e non ha più bisogno di coprire col fondotinta i brufoletti, che sono scomparsi. La postura è eretta e sicura, agganciata alla bella borsetta Fiorucci; e poi l'abbigliamento: smaltito qualche chilo, il jeans elasticizzato le calza alla perfezione, e il maglione nero morbido che scopre la spalla non sembra affatto voler nascondere niente di imperfetto.
Accidenti, non l'avrei mai riconosciuta per strada... Anzi, ecco, probabilmente sarà questa la causa di una delle mie figure con gente che mi saluta e mi sorride e fa pure cenno di fermarsi...ma io non dò corda, si sa mai, per una di quelle vicende della privacy...

Dopo esser rimasta per cinque secondi buoni a bocca aperta, faccio "Ciaoooo!!! Che sorpresa! Mio dio, ma sei tu? Stai un incanto!"
Paola arrossisce un po', si stringe nelle spalle. Entra a passi lunghi e lenti, e mentre chiudo la porta alle sue spalle risponde "Sì, non ci credo bene ancora neanch'io di esser qui da te. Ho pensato che anche se era passato tanto tempo magari non avevi cambiato numero...non mi costava niente". Paola è di poche parole, le sue frasi sono sempre asciutte e misurate, e quello che non le esce è trattenuto dalla sua inconfondibile discrezione.

Andiamo in cucina dove io devo ancora finire il mio pollo...sinceramente è un po' stopposo e mi stava venendo a noia. Però magari è una buona occasione per rosicchiare piano, che così sembra pure che sia più interessata a quello che mi raccontano che al cibo... del resto è vero! E poi lo sanno tutti che davanti al pollo viene più spontaneo ciaccolare delle cavolate, dev'essere per questo anzi che non si deve mai preparare pollo per quelle serate galanti in cui si immagina che arrivi un anello di fidanzamento... il pollo è anti-serio, è da serata con amici, da pollo-party! E' così poco serio che nella pubblicità dei bastoncini di pollo c'è un pollo che raccomanda di comprarli...ehm, sì: dunque pollo per le occasioni con gli amici, sì non fa una piega. Devo tenere a mente questo mio ragionamento.

Paola mentre si siede racconta che è uscita tardi dal nuovo lavoro e che non ha ancora cenato: che c'è di meglio di un mezzo pollo con patatine ancora tiepide? Eehhh?
In realtà glielo dò ancora più volentieri perchè Giuliana non se lo merita proprio, neanche freddo di frigo coi brufoletti di muffa sopra... comunque incredibile: un quarto d'ora fa ero tutta concentrata sull'acidità della mia coinquilina stronza, e ora la sto dando in pasto a qualcuno! Sono le storie di vita di cui mia nonna mi diceva.

"Così dopo aver fatto la mia esperienza in Inghilterra ho capito che là non potevo stare, che il clima è troppo grigio e la gente troppo fredda. Sono luoghi comuni, ma sono veri. Però prima di venir via mi sono iscritta al corso breve di traduttori, così se torno là so cosa fare."
La ascolto mordicchiandomi l'unghia del pollice sinistro, rapita e ipnotizzata. Paola all'università era un genio, un modello. Ha fatto benissimo tutti gli esami, tanto che ha finito in tempi record e poi è volata a fare un master a Londra, a numero chiuso ovviamente, con borsa di studio per merito. E tutto ciò che ha fatto lo ha fatto sempre capendo e gustando fino in fondo ciò che poteva apprendere per sè da ciò che studiava, a prescindere da tutto e tutti. Lei è un modello da seguire... e infatti l'ho persa di vista.
"Ora qui lavoro in una casa d'aste. E' un bel lavoro, a tratti noioso, specialmente quando devo seguire le gare telefoniche se manca la collega. L'ho accettato con piacere perchè permette di fantasticare su tutte le storie che stanno dietro agli oggetti che arrivano lì. Per esempio a me piacciono gli oggetti sconosciuti, minuti, piccoli fuori e dentro, sai quegli oggetti di cui nessuno si cura, che si trovano solo su sparuti cataloghi per feticisti. Ecco, secondo me tutti dovrebbero adottarne uno e prendersene cura, perchè possono far capire ad ogni persona molto di sè."

"Un feticista in casa? Sa fare la lavastoviglie?" dico io scoppiando a ridere.
Scoppia a ridere anche lei, ma per rigore precisa: "Gli oggetti strambi".
Oh, io ho già Giuliana. Oggetto inutile. Però non lo dico, si sa mai che poi loro due si incontrino e scoprano di essere sorelle separate da piccole, o amiche di ciuccio all'asilo. Si sa mai, taccio.
Comunque non è cambiata: Paola era e sarà sempre così, vive secondo valori intimi tutti suoi, delicati e spontanei. Già, spontanei. Forse ne avrei bisogno. Però è una cosa che non so bene di che si tratti veramente. Ma a volte credo che ne avrei bisogno.

" E tu?" mi chiede, mentre infilza una patatina.
"Io lavoro alla Capitola editore. Non è male, ma non saprei dire bene perchè ho accettato questo lavoro..." - sto ricalcando il percorso mentale di Paola...eh, appunto, è il suo mica il mio, e infatti io lo uso in negativo: sbagliato, sto andando verso un vicolo cieco. Non dovevo dire così!
"Cioè, mi piace, scrivere per la gente, far sapere le cose come le dico io, ecco".
Paola mi guarda molto interessata, ed esclama "Sei proprio come già eri quando eravamo all'università" - Qui io alzo gli occhi perchè temo un insulto - "pratica, veloce , diretta. Non giri attorno ai pensieri per mille anni come faccio io per ogni minima cosa."
Sono un po' allibita, dopo le prime parole della frase pensavo la finisse diversamente. Del resto, perchè non ho considerato l'ipotesi che la mia amica, quella che credevo un'amica, che magari mi ha spiato per tutti gli anni di università dalla finestrina del cesso del corridoio dalla parte opposta dell'edificio, non mi avesse odiato segretamente allora e in tutto questo tempo, disegnando piani su grandi fogli A3 per decidere come raggiungermi, e magari andando dal chirurgo plastico con una mia foto e pregandolo di farla diventare come me, irraggiungibile, perfetta, invidiata fino alla morte, mentre lui la faceva sbattere fuori da un paio delle sue segretarie anoressiche? Perchè non ho considerato che fosse venuta qui a farmi fuori?
Ok, non è questo il caso ma il fatto di non averlo pensato prima mi fa pensare:
a) Io sono troppo ingenua e troppo buona;
b) Io in fondo Paola non l'ho mai conosciuta bene, per davvero. Nessuna di noi del gruppo dell'università sapeva sul serio cosa avesse dentro.

Mormoro un "Tu credi questo?" mentre continuo a pensare.
Dunque Paola per tutti questi anni mi ha creduto una riuscita nella vita, una con le carte giuste, una determinata e concentrata. Sono allibita. In effetti accade di credere che qualcuno sia una cosa diversissima da ciò che in realtà lui si sente. Però è pur sempre una parte, no? Io, Stella Merz, per il mondo sono una brillante ragazza con un futuro splendido e cento strade spianate grazie alla sua naturale voglia di fare e di migliorarsi: sì, lo sono!

"Sì, con i ragazzi eri una grande. L'opposto mio."
Ah, ecco. Con i ragazzi. E io che mi ero illusa di essere un modello, il modello, io per lei, l'essenza vera e celata di tutti i suoi successi, io che per un attimo mi son vista nel medaglione legato al collo, che Paola baciava prima di tentar l'esame per entrare al Master blindatissimo di Londra.
Okay.

"Naaaa, che dici. Non è così. Alla fine ho sempre raccolto gli sfigati."
Che detto a una che mi vede come una gran conquistatrice è darle della sottosviluppata. Ma degli effetti collaterali di ciò che dico me ne rendo conto sempre dopo...
"Cioè, volevo dire, in realtà l'importante è trovare quello giusto, perchè dall'esterno non si capisce come davvero è un ragazzo, e la maggior parte son gente che non vale. Anzi, si perde tempo."

"Però mi pesa non aver frequentato molto le serate universitarie, e tutte quelle occasioni in cui si conoscono persone... Ora mi voglio rifare!" Paola si illumina e fruga nella borsa appesa alla seggiola. "C'è un cliente affezionato della casa d'aste che mi ha regalato questi due biglietti, sono per entrare in un locale in centro, dove al giovedì sera fanno musica e spettacoli dal vivo. Ti andrebbe di venirci con me, così, per passare una serata diversa?" - Paola è nata in un paesino e qui in città non conosce molti luoghi di svago.

Un po' stupita dell'insolita intraprendenza, accetto: "Certo! Allora, dove si va di bello?"
Faccio quella esperta. Prendo i biglietti che sono ancora in una busta candida per dare un responso lecchino sul locale scelto. Ci leggo sopra: "Gigolo special night".
Oh cavolo.

sabato 13 settembre 2008

7 - Pelliccie da rugby

Esco adesso per colpa sua. Ecchè cacchio. Francesca inizia a darmi sui nervi. Non penserà mica di poter far sempre così, adesso.
Nella tarda mattinata torna su e, da brava suora mancata, attiva i sensori e percepisce che c'è un problema, macchè uno, che senso darebbe un solo problema al mondo? "qualche" problema: evvai, finalmente aveva qualcosa da fare, compulsivamente... tutte le volte che torna dal reparto di grafica ha una di queste somatizzazioni isteriche. Dovrò scoprire perchè.
Deve aver alzato qualche antenna magica dal suo polacchino mercuriale perchè dopo un nanosecondo che si è seduta si era già accorta:
a) che dovevo espiare di fronte a Dio (a Sassetti) qualche birbonata a cui non aveva assistito (hanno cookies questo genere di cose?);
b) che tra me e le due carciofe c'era un po' troppo silenzio;
c) che la vicinanza della mia scrivania a quella di Edo era decisamente impudica. Sì, son sicura che questo elemento maschile nel nostro ufficio la turba un po'.
E che fa allora? Mi fa sedere in mezzo - sì! come all'asilo! - a Greta e Lucrezia perchè...non ho il libro -no, perchè assieme rivedessimo e stendessimo la bozza del comunicato stampa che era già stato steso da Greta e che era bell'eppronto per essere inviato stasera. Che nobile azione. Tutte insieme appassionatamente, per fare un lavoro inutile, stupido, ma che ci accomuna in un'esperienza come tre lupette; e magari usciamo e ci prendiamo una fetta di torta di patate della casa della prateria. Oh please.

Dimentichiamo i dettagli. Ora mi prendo un po' di aria fresca e mi guardo le vetrine del corso. Le rosticcerie sono ancora aperte, a proposito: che si mangia stasera? Non ricordo più se toccava a me o a Giuliana far la spesa per cena...uffa, ancora una volta oggi sono colpevole, per colpa della mia cazzutaggine. Fissata com'è quella là... e non ho voglia di un'altra discussione frustrante.
Ok, decido in fretta: mi infilo in un bel negozio, prendo qualche pezzo di pollo arrosto e una vaschetta di patatine.
Quando inizia Ottobre capita che in questi posti di generi alimentari già pronti e cucinati ti trovi a fare la coda dietro a delle olezzanti signore che spalmano la loro squallida pelliccia con robe che il ddt è un fiore di Bach a confronto, e che comandano il commesso giovane come se fosse il loro servo, forse sognando di essere per un momento le loro padrone...ma queste sono le stesse che d'Estate davanti all'intervistatore del tg che non ha nulla da fare, sulla spiaggia fanno le ninfe spensierate in flaccido tanga, che mangiano l'anguria buttando giù anche i semini, e mentre si sgocciolano un po' così innocentemente danno facili commenti pazienti e buonisti sui marocchini che ti assillano mentre sei sul lettino e sugli zingarelli che ti infilano la mano nella borsa alla stazione; ahimè sono loro. Mascherate.
Cerco di vedere il banco, di confrontare i prezzi, ma gli spallotti rigidi di una pelliccia restaurata continuano a venirmi contro le spalle come se si stesse facendo i giocatori di Rugby, costringendomi a grotteschi mezzi giri d'anca per non mostrarmi molestata da questi cosi davanti a tutti.
Ora veramente questa mi rompe, perchè dopo le prime tre spallottate, con la scusa di indicare il prezzo di un latte a lunga conservazione alle nostre spalle che non comprerà mai, mi dà pure una sfregiata in faccia col suo anellone da amante.
"Scusi ma può stare un po' attenta?" sbotto.
"Senta signorina, qui si sta fascendo tutti in fretta, non mi dia noia e si scansi, via."
Però. Mica per niente si sente dire "maledetti toscani". Ho pure avuto un ragazzo toscano, ma c'è sempre un momento della vita in cui capisci la verità dei luoghi comuni. E dei luoghi.
Taccio, sì. Meglio. Taccio.
Bisogna mostrarsi maturi in queste situazioni.
Sono giovane ma più matura di una cafona matura.
E pensare che la Toscana era la mia regione preferita.
Sì, taci.
E invece no, rispondo. "Abbia pazienza, ma qui gli animali non possono entrare, vivi o morti che siano. E per questa belva che ha addosso ci vorrebbe anche il porto d'armi".
Francesca, non dovevi farlo. E' tutta colpa tua.
In effetti mi è uscita grossa.
La signora si gira imbufalita mentre tutti attorno hanno iniziato a ridere e il sottomesso garzone è arrossito mentre le prendeva dall'affettatrice le ultime fette di crudo di parma, e non trattiene la risata. Ma ha paura lui per me, mi sa.
Lei spalanca gli occhi contro di me come se dovesse annientarmi atomo per atomo col suo raggio laser oculare. Ma io mantengo l'aria scocciata e superiore.
"Oh brava. Vorrà dire 'he la prossima volta mi sci metto io dietro a llei. hosì si guarda 'hè bestia c'ha llei." Che temperamento.
Non fiato, nel negozio tutti sono un po' borghesemente turbati ma fan finta di non aver sentito e si muovicchiano allontanandosi leggermente - ipocriti.
La signora intanto, mente inizio a ordinare io, ha preso il sacchetto dal banco ed è andata a pagare alla cassa. Io prendo il mio pollo e mi infilo in metropolitana.
Sono proprio stanca. Non riesco neanche a fare il mio giochetto underground - di solito fisso la gente che fa di tutto per distogliere lo sguardo, sempre timorosa e fintamente serena.

Entro in casa e non c'è nessuno.
Sul tavolo un biglietto di Giuliana: dice che farà tardi. Guardo il calendario e vedo che toccava pure a lei cucinare: se l'avessi fatto io mi versava il nero di seppia nel bucato dei bianchi a 90°! Onestamente avrebbe potuto mandarmi un messaggio, che se mi andava stavo fuori pure io con qualcuno a mangiare un boccone.
Però devo essere sincera: non me la prendo. Solo che a stare con una musona che ti fa sentire in colpa per tutto alla fine rischi di diventare come lei, almeno per ripagarla della stessa moneta. E non devo farlo.


Non mi va di diventare così. Da quando abito con Giuliana mi innervosisco spesso. Che faccio con tutto questo pollo, adesso? Bè, tanto per iniziare me ne pappo metà. Poi metto la sveglia per domani, se no mi cacciano.
Mentre mangio arriva un messaggio sul mio cellulare. Lo apro e inaspettatamente vedo che è di Paola, una delle amiche dei primi anni di università. Non la vedo da un sacco di tempo, mi chiede se stasera mi va di bere qualcosa con lei...
E' strano come vanno le cose. Noi due andavamo parecchio d'accordo, avevamo tante idee in comune, pranzavamo assieme e ci scambiavamo gli appunti. Poi abbiamo scelto dei corsi diversi al terzo anno, da lì una cosa tira l'altra e va a finire che lasci seccare delle amicizie fertili senza neanche accorgertene. Perchè non le annaffi e pensi che basti una pioggia ogni tanto. Quando hai tutto non ti rendi conto che devi continuare a dare, per costruire il tuo futuro. E così inizi a rimuovere dei momenti felici come se dentro di te ci fosse una di quelle casalinghe ossessionate che devono buttar via per pensare al presente del loro pulito perfetto e al futuro di "altro in senso indefinito": questa è la vera "foga".

Son contenta, la cosa è improvvisa e mi tira su dalla serata monotona. Avrei bisogno di qualcuno che in questa casa che divido con un'antipatica amorfa mi ravvivasse i pensieri, se no divento sempre più acida. Già guarda cosa ho combinato stasera in rosticceria... no però li c'avevo anche ragione.
Ora la chiamo e le dico di venire qui da me, anzi no, le mando un messaggio, così poi il resto ce lo raccontiamo dopo. Dopo quattro anni che non ci sentivamo. Strana la vita, per queste cose.

domenica 7 settembre 2008

6 - Sottotitoli

"E che è successo?" mi chiede Edo con sguardo illuminato e divertito.

"Per fortuna non ha fatto neanche in tempo a dire una parola che è arrivata Francesca. Che cavolo devo fare adesso con lui? Non riesce a capire che non ne voglio sapere?" dico mentre mi tiro giù anche dei wafer dalla macchinetta accanto. "Guarda, vado sull'argomento e non posso fare a meno di mangiare per quanto mi sento frustrata. Non è possibile, sai che l'ultima volta mi ha lasciato una lettera attaccata a una delle rose del vialetto del condominio? Non si puòòòòò!" - dico chinandomi piegandomi sulle ginocchia come una gallina che si mette a covare. Edo ride.

"Secondo me sta un po' iniziando a farti dei dispetti. Voglio dire, se fa così è perchè vuole che in giro si sappia. Uno coglie la rosa, cioè la lettera, e proprio nel tuo condominio si inizia a chiaccherare. Una specie di vendetta."

Mi blocco. Cavoli, non ci avevo mai pensato. Sono sempre andata indefessamente avanti a credere che lui mi venisse dietro, che nella sua testa non potesse a un certo punto incazzarsi per davvero, sentirsi imbrogliato, e decidere di farmi qualcosa di così brutto. Che potesse anche corrermi dietro a vita e poi, un giorno, stufarsi proprio mentre vede un'altra e cominciare a correre dietro a lei come un cane addestrato, così, senza rimorsi nè conti aperti. E finalmente me ne sarei liberata.

Però ora con Edo non posso mostrarmi così scema - come invece sono, o sono stata fino a un momento fa - e così sparo un "Già, in effetti, mi era sembrato. A proposito, anche tu... lo pensi? "

Lui annuisce e si frega uno dei miei wafer.

Come ho fatto a non pensarci... venire a colpire nel posto in cui mi sento sicura, a casa mia.... una lettera risentita attaccata a un bel fiore pieno di spine che pungono... e che fanno sanguinare, come già sanguina il suo cuore, ecco la chiave... o mio dio, ho a che fare con un genio dello stalking graduale e silenzioso, un boia col guanto di velluto e il sorriso luccicante, sì! E diventerò il soggetto della prossima inchiesta di Carlo Lucarelli, che col mio caso farà così successo che esporteranno la puntata anche all'estero, però coi sottotitoli, senza doppiaggio...e magari intervisteranno quel nanerottolo dicendogli in che rapporti eravamo, e lui magari dirà che mi aveva lasciato perchè ero ossessiva nei suoi confronti ma poi eravamo rimasti amici... no, ci vorrebbe la voce di paperino per lui. Sottotitoli...

- Bè calma. E stop. Ma che cazzo penso? E' un paperotto un po' sfigato in fondo, la prima impressione per lo meno lo fa un buono, e la prima impressione conta...anche se la tipa di catechismo diceva di no. Dai. Riiii-prendersi, forza.

Però anche io avrò pur le mie fondate ragioni di...

"Pronto? Proooontoooo???" mi dice Edo nell'orecchio agitando una mano davanti ai miei occhi abbassati.

Scusa, mi son distratta una attimo sul sapore di 'sto wafer che dev'essere scaduto, non li prendo più questi".

"Il mio era buono. Comunque ti dicevo se sabato si cena assieme a casa mia. Ti ricordi che ti dovevo far conoscere Max, quel mio amico che abbiamo incrociato in libreria la settimana scorsa? Bè, volevo fare una cena a casa mia con lui e degli altri, anche perchè non lo vedevo da una vita.
Sempre che tu non debba incontrarti con Ricki!" - e scoppia a ridere.
Uffa quanto ride... mi fa arrabbiare quando fa così. E poi proprio adesso che è venuto fuori che quello è un serial killer e son nervosa e non mi va di mostrarlo. Parlo della cena.

"Ok, siì, sabato va bene. Come funziona? Cioè: devo portar qualcosa?"

"Non so, per ora non ho ancora pensato al menu, comunque ti dirò appena decido. Credo in ogni caso che mia mamma preparerà almeno una portata, quindi è già qualcosa".
Già qualcosa? Lui non si rende conto. La mamma di Edo non ha cognizione. E' cuoca di albergo, e non fa differenza tra le quantità del luogo di lavoro e di casa: per praticità, credo. Un mese fa ha insistito perchè salissi a cena, io credevo di dar disturbo, son salita giusto per salutare - che a ora di cena equivale a disturbare: ok, speravo mi facessero fermare lì - e mi son trovata davanti questa terrina da 12 persone stracolma di pennette panna e piselli, che se qualcuno mi dava una pacca sulla spalla rischiavo dii caderci dentro!
Bene, butto via il wafer e mi metto a dieta adesso. Dovremmo essere trenta per essere ancora affamati dopo una portata di quella signora.

"Perchè, siamo in pochi?" Chiedo innocentemente mentre cerco di leggere i fondi del tè della macchinetta chiedendo loro se Ricki mi accoltellerà o cose del genere. E mentre spero che ci sia solo Max, oltre a noi...ma credo che Edo non ci tenga a fare Luca Barbareschi ne Il gioco delle coppie.

" Dovremmo essere in sei, con mia sorella, e uno dei miei prof del Liceo con la moglie."
Cazzo, no. La sorella di Edo no. Si chiama Alessia ed è una stragnocca e sicuro attirerà l'attenzione di Max... forza, non sono per niente un cesso anch'io, però. Basta ripeterselo e gli altri penseranno che è così! L'hanno scritto su Vanity Fair.
Prima Ricki che mi vuole squartare e poi questa che mi frega il tipo... uff.

"Ah, ok, una cosa tra pochi" biascico mentre torniamo in ufficio.

martedì 2 settembre 2008

5 - Non toccate quello smalto

Ma stavolta Francesca non arriva a salvarmi. Pazienza.

Alle mie spalle sento il ringhio di Greta che già per la questione dello smalto è parecchio nervosa... in pratica io ero rimasta a quando, sabato mattina Lucrezia entra in ufficio, non saluta (non la sto accusando, o meglio, è il suo modo di fare abituale. Da stronzetta. Appunto), spara un "Chi ha preso il mio smalto melanzana perlato ceramide resist L'Oreal limited edition?" e attende una risposta. Non ci pensa neanche che il presunto ladro potrebbe non confessare. Se fosse saltato fuori un nanetto dalla pianta sulla finestra dicendo "io io io io!" se la sarebbe presa con lui e tutti se la sarebbero cavata senza rotture di scatole. E si sarebbe chiusa lì. E invece niente nano, accidenti.

Melanzana perlato. Mah.

Lucrezia è una rag... no, bè, è una Barbie in materiale originale che cammina col chewing gum nella bocca. Credo che fosse il sedicesimo compleanno quello della prima plastica, sì, al seno - un classico. La madre deve aver generato questa figlia perchè quando era piccola lei la Barbie grandezza bambino non esisteva, quindi ora ne doveva avere una da vestire coi suoi vestiti griffati di vent'anni prima, per esser sicura che un corpo della sua stessa fattura - chirurgica- provasse la roba al posto suo quando non aveva voglia di togliersi le scarpe nel camerino, o forse semplicemente per aver qualcuno che andasse a fare shopping con lei e che avesse la sua stessa disponibilità di portafoglio. E poi pagano con una sola carta di credito, sai quanto tempo eviti di sprecare davanti alla macchinetta, se si inceppa? E quanti negozi in più puoi visitare?? Questo sì che è fiuto per il risparmio.

Ok. Ora che ho sparato fuori il malefico che c'è in me, passiamo al buono: Lucrezia non è cattiva, perchè non premedita. Lei difatti non sa pensare in anticipo, e neanche in seguito. A parte quando si tratta di ripassare in un negozio dove le hanno fatto arrivare la taglia giusta. E anche se questo 'buono' non occupa molte righe, vi assicuro che occupa gran parte della sua vita. E voi non potete giudicare. Perchè sono i valori le cose importanti. Ecco.

Però non si può proprio dire che sia la persona di cui fidarsi, anche solo per chiederle di ascoltare una segreteria che non hai fatto in tempo ad ascoltare prima di uscire dall'ufficio: non si ricorda neanche se gliel'hai detto, nonostante al momento avesse annuito con forza esclamando "Certo, ci penso io dopo!" sgranando gli occhi e aggrottando la fronte come Barbie-segretaria, un nastro registrato. Lei è così. Solo terribilmente attaccata alla sua strumentazione di bellezza, dalla A alla Z: abiti, bigodini, collant, depilazione, elettrostimolatore, forcine & frisè, eccetera. Alla lettera S troviamo sicuramente lo smalto, uno degli imprescindibili fedeli compagni di vita di Lucrezia. E qui a Greta è capitata brutta.


Giovedì Greta è andata via prima, e dato che c'era tutta quella scrivania libera Lucrezia nella pausa del pomeriggio si è sdraiata lì per farsi le unghie a pancia in giù, per sentirsi un po' Barbie-Spiaggia, e far asciugare bene lo smalto. Alle cinque ce ne andiamo tutti e Lucrezia si dimentica il kit sulla scrivania di Greta. Il venerdì mattina Lucrezia arriva e trova Greta già al lavoro, in anticipo come sempre, col suo kit accanto. Ma dal kit manca solo la melanzana. Chi accusare se non Greta? Difficile per Lucrezia col suo cervello di nastri registrati immaginare storie diverse, che ne so, una donna delle pulizie che se lo intasca, per esempio, o la boccetta dello smalto che le si incastra tra le tette inavvertitamente...sai, quando sono di plastica succede e mica te ne accorgi.

Povera Greta, per me è innocente. Però data la tensione che ho trovato poco fa, entrando, credo che la situazione si sia evoluta grazie a qualche nuovo messaggio registrato di Barbie.

Appena il signor Sassetti esce, Greta alle mie spalle mugola un incazzosissimo: "Sono andata a comprare le cartucce...? Ma è arrivato Greenpeace...? Io sono qui da stamattina alle 7.30 e tu tiri fuori queste cavolate e pretendi che gli altri ti stiano dietro???". Il tono nel corso della frase si è fatto sempre più nero e la voce sempre più strozzata. Credo che tra un nanosecondo si trasformerà in una specie di Hulkina e quando avrà i vestiti abbastanza sbrindellati mi azzannerà le spalle.
"Greta, la mia giornata è iniziata male e non conto balle in giro per divertirmi. La mia compagna d'appartamento non mi ha svegliato come invece le avevo chiesto di fare, sono venuta di corsissima ma ero in ritardo." Non voglio risponderle male. So che è tutta precisina e fissatina sulle cavolate, ma non abbiamo mai avuto problemi io e lei.
"Va bene. Ne terremo conto", risponde Greta, acida. Insomma, io le ho risposto garbatamente, nonl'ho mai trattata male e una volta nella vita (o qualcuna di più, adesso non stiamo a sottilizzare) succede di arrivare tardi. Mi volto verso di lei. "Sì, ne terremo conto quando in azienda voteremo per miss collega perfetta" E be', te la sei cercata.
Cala un silenzio di tomba. E tale resta. Edo e Lucrezia non sembrano particolarmente imbarazzati. Riprendiamo tutti a lavorare.

Dopo una mezz'ora faccio un cenno a Edo che è tutto preso dalle pratiche: "Alla macchinetta?". Lui annuisce, così ci alziamo e appena fuori in corridoio scoppiamo a ciaccolare.
"Troppo forte. Non ti sei mica fatta beccare da sprovveduta! Imparare, imparare!" dice, dandosi dei colpetti alla testa come per farci entrar qualcosa. Lui ha un po' di ammirazione per me, molta più di quella che meriti.
"Non esagerare, è che avevo incrociato Francesca che mi aveva avvisato della balla che si è dovuta inventare per colpa mia. Credo sia la prima nella sua vita" dico ridacchiando. "Ma che cacchio è successo ancora tra Greta e Lucrezia? Quando sono entrata c'era l'aria che si tagliava a fette."
"Dalle parole che son riuscito a estrapolare ho capito che Lucrezia sabato sera è andata a prendere un aperitivo al Gigolo, ha intravisto una coppia di mani con lo smalto melanzana, ha guardato di chi erano e dice che erano di una tipa molto molto simile a Greta."
Scoppio a ridere mentre il mio thè al limone scende nel bicchierino. "Ti prego, Greta al Gigolo. Mi scompiscio se è vero. Quello è un posto per golfclubisti over 50!".
Anche solo a pensare Greta con le unghie color melanzana non mi reggo.
"A proposito di gente strana, ho incontrato Ricki proprio mentre ero davanti all'ingresso".